Storia
dell’Aiola

Passeggiando fra i vigneti della tenuta dell’Aiola, sorseggiando i secoli come buon vino, il visitatore fatica a credere che le dolci colline coperte dai filari siano state palcoscenico di tante battaglie feroci.
Il filo della storia
Le prime menzioni della Fortezza dell’Aiola, scoperte nell’Archivio storico di Siena, risalgono al XIV secolo. Le cronache della città, risalenti a un documento datato 1397, parlano di Layola, Aiola ora come fortezza, ora come palazzo, ma un posto sempre sotto pericolo che richiedeva rifornimenti militari, polvere da sparo e armi. Niente da stupirsi: era il periodo quando Siena e Firenze, le due potenze rivali, si contestavano la supremazia, il potere, il territorio. Aiola era la piazzaforte più settentrionale controllata da Siena, un posto di grande importanza strategica e militare. Alla metà del Quattrocento il possesso della fortezza-castello è denunciata dagli eredi della nobile famiglia Bellanti, una delle famiglie più antiche e influenti nella Siena del tempo.
800 e più anni, trascorsi fra battaglie e botti
Sui rami del loro albero genealogico troveremo guerrieri e astrologi, vescovi e uomini di scienza, politici e beati. Possedevano numerosi palazzi e tenute a Siena e dintorni di cui l’Aiola era il fiore all’occhiello. Un membro di questa famiglia, Antonio Bellanti, è legato in modo particolare alla storia di Aiola. Antonio fu un tipico uomo di Rinascimento, un guerriero abile, diplomato, aperto alle nuove idee. Era un amico di Aonio Paleario, noto umanista e riformatore della Chiesa che corrispondeva con Calvino ed Erasmo da Rotterdam. Fu proprio l’amicizia e la protezione di Antonio Bellanti a salvare questo pensatore libero, almeno per qualche anno, dalle persecuzioni dell’Inquisizione. Aonio Paleario trovò rifugio nel castello di Aiola, dove servì come precettore dei figli del Bellanti e altri giovani nobili. Purtroppo, come molti riformatori religiosi di quei tempi, Aonio Paleario fu impiccato e bruciato sul rogo come eretico.
La Resistenza
Verso la metà del Seicento la lotta di potere fra Siena e Firenze diventa sempre più feroce. È l’ultimo capitolo delle Grandi Guerre d’Italia, una serie di conflitti che coinvolgevano vari principati e ducati della penisola, nonché la Francia, l’Inghilterra, la Spagna e il Sacro Romano Impero. Nel 1553 Cosimo de' Medici, desideroso di raggiungere il dominio in tutta la Toscana, manda il suo esercito per sottomettere finalmente la Repubblica di Siena.
Capitolazione alla fine di una durissima resistenza nella Guerra di Siena alle milizie fiorentine da parte della piccola guarnigione e dei paesani.
La Fortezza vantava quattro torri e mura massicce, circondate da un largo e profondo fossato, con il ponte levatoio come unico punto d’ingresso. Il comandante delle truppe fiorentine, Gian Giacomo Medici, il Marchese di Marignano, pensava di conquistare facilmente l’Aiola che in quei giorni fatidici era protetta da una piccola guarnigione di 25 soldati affiacncati da molti contadini del paese.

A fronte della resistenza coraggiosa e feroce, Marignano fu costretto a utilizzare un grande cannone portato da Radda, e due cannoni più piccoli. Solo dopo 60 colpi le mura dell’Aiola cedettero. La conquista dell’Aiola fu pagata a caro prezzo e il Marchese di Marignano dovette contare fra i suoi morti il principale ingegnere militare di Cosimo de' Medici, Giovanni Battista Belluzzi, detto il San Marino.
Documenti fiscali
Non sappiamo purtroppo nulla delle sorti di Aiola fra il 553 e il 1692. Riuscirono i Bellanti a conservare la loro Fortezza, oppure la persero dopo la conquista di Siena da parte dei Medici? L’unica cosa che sappiamo è che la vita continuava. Si mieteva il grano, si faceva il vino, ed il vino era tassato, perché non vi è nulla di sicuro in questo mondo tranne la morte e le tasse, come diceva Benjamin Franklin. Nel 1692 nei documenti dell’Ufficio delle Collette si trova infatti una menzione dell’Aiola e le imposte dovute e pagate per i suoi vigneti e il vino prodotto.
Prima menzione del podere dell’Aiola negli elenchi fiscali degli Ufficiali delle Collette
Verso la fine dell’Ottocento, la fortezza dell’Aiola subì una trasformazione drammatica, avendo perso il suo valore strategico-militare, l’Aiola si trasformò in luogo di villeggiatura: un palazzo elegante dove la nobiltà toscana passa il periodo estivo in una importante proprietà agricola.

Nei primi anni del secolo XIX un pittore e storico d’arte, Ettore Romagnoli, viaggia in Toscana visitando i luoghi più importanti del territorio e lasciandoci una specie di guida illustrata.

Ecco l’immagine dell’Aiola com’era circa 200 anni fa, con le mura possenti e, dentro, un palazzo con un portico colonnato.

Il rilievo mostra tozze torri erette sui bastioni erette sui bastioni angolari, ed un apparato sopraelevato inserito negli edifici residenziali al centro della fortificazione che induce a ipotizzare la presenza di un maschio preesistente agli apparati bastionati quattro-cinquecenteschi.
La nascita della Fattoria della Aiola
All’inizio del secolo scorso Aiola è una grande tenuta agricola con campi, vigneti, uliveti e mulini. Purtroppo, il 13 settembre 1911, un terremoto di magnitudo 5.1 colpì il territorio del Chianti. Il palazzo dell’Aiola crolla con le scosse, i due piani superiori collassano e non rimangono in piedi che dieci dalle precedenti trentanove stanze. Il nuovo proprietario, Erasmo Cavaliere Devoto, investe nella ricostruzione della villa, ma l’Aiola tornerà al suo splendore pre-esistente soltanto attorno al 1930.
Il futuro luminoso del Gallo Nero del Chianti Classico
Giovanni Malagodi, latifondista, politico e visionario, compra l’Aiola il 7 Settembre 1935. Fu proprio Malagodi, conosciuto come "Il Senatore", a rendere famoso il Chianti Classico dell’Aiola e gli altri vini prodotti dalla Fattoria. "Nella fattoria si produceva un vino splendido, che si era sempre venduto sfuso", racconta Malagodi: "Decisi di costruiere una cantina e di comniciare a imbottigliare". Precursore dell’enologia creativa, Malagodi sperimentò prima di altri miscele di sangiovese con uve internazionali, creando vini che furono chiamati in seguito Supertuscany. Vini che saranno sempre per l’Aiola il Logaiolo, un taglio di Cabernet Sauvignon e Sangiovese e il potente "Rosso del Senatore", cui il senatore aggiunse anche il Merlot. Pensatore innovativo e lungimirante, personaggio carismatico, Malagodi ha iscritto l’Aiola fra i primi membri del Consorzio del Chianti Classico nel 1947.
L’inizio di una nuova era
Si piantano nuovi vigneti con nuovi cloni di Sangiovese, mentre i migliori vigneti vecchi si ripristinano seguendo le pratiche di agricoltura sostenibile. La superficie vitata aumenta assicurando la crescita di produzione. Il Sangiovese continua ad essere il vitigno principale, spina dorsale del Chianti Classico. Allo stesso tempo, seguendo le tradizioni dell’azienda, si coltivano altri varietà autoctone toscane nonché i vitigni internazionali.
Per noi l’anno 2012 rappresenta l’inizio di una nuova era nella storia dell’Aiola
Rispetto della tradizione e applicazione delle ultime tecnologie dell’enologia moderna costituiscono il mantra dell’Aiola. L’acquisto di nuovi tini per la fermentazione, la pressa di ultima generazione, il continuo aggiornamento di nuove botti, tonneaux e barriques alla nostra cantina, sono il segreto per ottenere l’alta qualità e la superba eleganza che rendono famosi e unici i vini dell’Aiola. Oggi la nostra cantina è guidata da uno degli enologi più apprezzati e rinomati della Toscana, Paolo Salvi, lo studente preferito del grande Giulio Gambelli, il mago del Sangiovese. Grazie al suo lavoro e alla dedizione di tutti, i vini dell’Aiola ottengono numerosi riconoscimenti internazionali, mentre la Gran Selezione il cru Cancello Rosso ha raggiunto il livello più alto fra i vini del Chianti Classico DOCG.
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